Sempre più consumatori acquistano il Prosciutto Veneto DOP, intero o a tranci, per il consumo domestico.
La domanda più ricorrente è: come si conserva una volta portato a casa? Iniziamo dal caso più raro ed improbabile; l’acquisto di un Prosciutto Veneto con l’osso. Abbiamo spiegato nel post precedente come la disossatura sia un’operazione delicata e difficile, svolta solo da professionisti. Capita però che qualche persona decida ugualmente di portarsi a casa un prosciutto con osso, con l’ambizione magari di allungarne l’affinamento in cantina.
La cantina delle vecchie case di campagna è certamente un luogo idoneo al prolungamento della stagionatura di un prosciutto, l’importante è che sia fresca, asciutta, sufficientemente areata e priva della presenza di derrate dal profumo troppo intenso ed invasivo. Quindi si ponga il prosciutto in un locale diverso da dove si conservano, per esempio, aglio, cipolle o stoccafisso. La temperatura deve variare fra i 14 e i 18C° circa, badando bene che il prosciutto non sviluppi in superficie muffe verdognole o, al contrario, che tenda ad incrostarsi. Inoltre, è fondamentale un accurato controllo degli insetti e di altri animali infestanti.
Una volta poi che, bene o male, il prosciutto è stato da qualcuno disossato, il metodo di conservazione si omologa a quello di un prosciutto intero già disossato in fabbrica e a quello dei tranci.
Premettiamo che un prosciutto disossato, intero o in tranci, esce dal prosciuttificio in sacco sottovuoto. Finché lo si vuole mantenere confezionato, evitando la foratura o il danneggiamento del sacco, il TMC, Termine Minimo di Conservazione – da consumarsi preferibilmente entro… -, ha una durata di sei mesi dal confezionamento. Ciò significa che, trascorso tale tempo, il prosciutto non scade, rimane ugualmente edibilissimo e buono, ma perde alcune delle sue pregiate caratteristiche organolettiche. Deve essere conservato ad una temperatura ricompresa fra 0 e +10 C°. Anche in questo caso, una conservazione a temperatura leggermente più alta non rende il prosciutto immangiabile, ma lo rende privo di alcuni dei suoi caratteri. Questa è la differenza sostanziale fra un prosciutto crudo ed uno cotto che, in due/tre giorni, dev’essere mangiato salvo subire una forte e pericolosa alterazione. La presenza, a confezione ancora integra, di una patina bianca sulla fetta non deve preoccupare. È la tirosina, un aminoacido che si manifesta sui prosciutti a lunga stagionatura per effetto della proteolisi. Si presenta anche in forma di piccoli granuli bianchi sulla fetta. Questo è sintomo di lunga ed equilibrata stagionatura del prosciutto.
Quando invece si è aperta la confezione, l’ideale sarebbe possedere una macchinetta domestica per rifare il vuoto. Non è ingombrante, ha un costo accessibile e permette di non perdere nemmeno una fetta alla riapertura della confezione. Qualora invece non si abbia l’opportunità di possedere questo utile elettrodomestico, il prosciutto o il trancio devono essere protetti, nel solo lato di affettamento, da una fetta del suo grasso o da una pellicola ben aderenti. Tutto il resto del prosciutto deve venire avvolto in un panno pulito e posto nella parte bassa del frigorifero. Se il prosciutto dovesse tendere ad essiccarsi, bisogna avvolgerlo ulteriormente, magari inumidendo leggermente il panno. Al contrario, se tende a sviluppare una “barbetta” di muffa bianca, conviene spogliare la porzione dal troppo involucro.
Ricordiamo che il modo migliore di apprezzare un Prosciutto Veneto è quello di mantenerlo in frigo fino all’ultimo ed affettarlo sottile solo al momento di portarlo in tavola. La sottigliezza delle fette fa sì che prenda subito la temperatura ambiente e sviluppi un’esplosione di profumi.